PERCHE' QUESTO SITO

Il sito nasce dalla voglia di raccontare la storia di nostro padre, stimato professore ed onesto amministratore della nostra Città, violentemente strappato alla vita ed alla famiglia dalla mano dell'uomo! Un sito per imprimere nella memoria volti e nomi, un sito per raccogliere altre storie ed altri nomi, un sito per non dimenticare, un sito per dare informazioni a chi nella rete cerca informazioni su medici e reparti, un sito che non ha paura di raccontare un tragedia ... affinchè ciò non accada più!

giovedì 7 agosto 2014

INFEZIONI OSPEDALIERE: COSì MORI' MIO PADRE!

"Infezioni ospedaliere, così morì mio padre"

BRINDISI - "Al di là delle carte, ci sono dei malati che sperano di guarire in un ospedale. Non di morire". La signora Giulia Cesaria, segnata da un episodio di malasanità in seguito alla quale perse la vita il padre, risponde alla dichiarazioni rilasciate a BrindisiReport.it dal direttore generale dell'Asl, Paola Ciannamea, che in merito ai 13 casi di infezione da batterio della Klebsiella registrati presso gli ospedali Perrino di Brindisi e San Camillo De Lellis di Mesagne, ha invitato a non creare allarmismo, facendo rientrare quei contagi nel quadro di una "normale infezione ospedaliera". "Gli ospedali - dichiara la Ciannamea - sono pieni di infezioni. Periodicamente facciamo dei controlli finalizzati a tenerle sotto controllo". Ma, per la nostra lettrice, non è poi così normale che in ospedale si contragga un'infezione. Soprattutto dopo quanto accaduto al padre. "Dopo aver letto le dichiarazioni della dottoressa Paola Ciannamea - scrive Giulia Cesaria in una lettera inviata in redazione - mi sento molto fortunata per non aver superato 60 anni d'età (la maggior parte dei pazienti che hanno contratto un'infezione da Klebsiella, hanno più di 60 anni d'età, ndr)". "Meno fortunato è stato mio padre un anno fa, che ricoverato, al reparto di Medicina, presso l'ospedale Perrino, non è stato esentato dal contrarre la setticemia, con conseguente decesso. Ma poco importa, aveva 90 anni! Ricoverato con un'anemia da sospetta ulcera allo stomaco - prosegue la lettrice - gli venne fatta una gastroscopia ed immediatamente dopo, subentrò una setticemia. Un medico di passaggio nel corridoio, sentenziò: 'Signora, non si irriti, prendere la setticemia in un ospedale è normale!' Oggi - scrive ancora la lettrice - mi consola sapere che anche la dottoressa Ciannamea la pensa alla stessa maniera". "Mi congratulo per la tempestività, con la quale, dopo i casi dichiarati, si è provveduto a fare dei controlli agli impianti ed ad altro, dal punto di vista sanitario. Capisco che la dottoressa, stando dietro una scrivania, ha a che fare con noiose pratiche burocratiche, ma al di là delle carte ci sono dei malati, che sperano di guarire in un ospedale, non di morire"

(FONTE: http://www.brindisireport.it/speciale/sanita/infezioni-ospedaliere-cosi-mori-mio-padre.html)




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martedì 1 aprile 2014

LO SFOGO DI UN CHIRURGO ITALIANO

«La medicina “ufficiale” è falsa ed è solo uno strumento di potere delle Multinazionali della Salute. Essa è incapace di curare le malattie, al massimo lenisce i sintomi apparenti spostandoli su altri organi e generando nuove malattie, che portano il paziente a un circolo vizioso di dipendenza dal sistema sanitario.» La denuncia arriva nientemeno che da un chirurgo ortopedico con vent'anni d'esperienza, di cui quindici in ospedale. Lui è il dottor Giuseppe De Pace e la sua voce è uno sfogo nato da situazioni vissute in prima persona, durante l'esercizio della sua professione, e che lo hanno portato a riflettere sulla metodologia della medicina così come oggi noi la viviamo (e la subiamo). De Pace ha visto morire un bambino di undici anni, affetto da linfoma non-Hogkin, in seguito a una terapia che prevedeva la chemio. «La letteratura internazionale parla di sopravvivenza dell'80% con i nuovi protocolli chemioterapici. Notizia molto confortante anche per me che vivevo per la prima volta da vicino questa esperienza», racconta il dottore. Che poi aggiunge: «L'equivoco nasce dal fatto che se il paziente muore dopo un mese per insufficienza renale o epatica, superinfezioni, etc provocai chiaramente dalla chemio, per la statistica non è morto di linfoma!» Lui è il dottor Giuseppe De Pace e il suo è uno sfogo, pubblicato in una lettera aperta sul web, nato da situazioni vissute in prima persona. Questo perché la visione della malattia “ufficiale” (che poi è più giovane di quella “alternativa”, come l'agopuntura, ad esempio, che ha oltre 5000 anni di storia) tratta il corpo come sistema biochimico, dove a ogni causa segue una conseguenza (il sintomo). Il farmaco serve quindi ad eliminare il sintomo, senza tuttavia risalire alla causa. Come dice il dottor De Pace: «Il concetto di salute non è la non-malattia, come ritiene la medicina ufficiale, ma è un perfetto equilibrio tra mente e corpo.» In sostanza, il corpo rimane malato, ma la malattia si sposta altrove. Prendiamo il caso della chemio, ad esempio. La chemioterapia distrugge il DNA di tutte le cellule che si dividono velocemente. Le cellule cancerogene si dividono rapidamente. Ma anche le cellule del sistema immunitario si dividono rapidamente! La chemio, in sostanza, distrugge anche l'unica cosa che può salvarci la vita! Altro dato interessante: la chemio non distruggerà mai il 100% delle cellule cancerogene. Al massimo potrà eliminare dal 60% all'80% (nel più ottimistico dei casi!) delle cellule cancerogene. Il “resto” del lavoro è svolto dal nostro sistema immunitario. Il bambino affetto da linfoma non-Hogkin morì. Egli è una delle tante vittime della medicina “ufficiale”. Infatti, secondo il Journal of the American Medical Association, le malattie iatrogene (le malattie dovute a terapie mediche) sono al terzo posto tra le cause di morte negli Stati Uniti. Più di 120.000 persone muoiono ogni anno a causa dei famosi “effetti collaterali” dei medicinali. Lo scienziato e ricercatore Bruce Lipton spiega ancora meglio cosa siano questi effetti “collaterali”. «Ogni sostanza che immettiamo nel nostro corpo interagisce con determinate proteine “funzionali”, le quali possono determinare le funzioni di organi o distretti completamente diversi tra loro. Se prendiamo ad esempio una pastiglia per il cuore, i suoi principi attivi possono interagire  anche con il sistema nervoso centrale.» Se quindi la nostra pastiglia potrà alleviare i “sintomi” cardiaci, allo stesso tempo rischierà di inficiare determinate funzioni nervose. Questo accade proprio perché la medicina “ufficiale” agisce a livello biochimico e non a livello biofisico. Grazie alla fisica quantistica (ma i cinesi ce lo avevano insegnato già 5000 anni fa!) oggi sappiamo che tutto è energia (negli articoli di questo blog lo abbiamo spiegato più volte) e – di conseguenza – la nostra salute dipende da un corretto equilibrio energetico. Questa è la visione olistica (e non allopatica), che vede l'uomo e ogni essere vivente nella sua totalità. Il Metodo RQI (Riequilibrio quantico integrato) nasce proprio per offrire alle persone un approccio olistico al proprio stato di benessere. Così come l'acqua può presentarsi allo stato liquido o gassoso (vapore) o solido (ghiaccio), a secondo della quantità di “energia” presente nelle sue molecole, allo stesso l'uomo è visto come un soggetto costituito di materia, energia e spirito. La medicina “ufficiale” tratta l'uomo solo come qualcosa di materiale, di chimico, tra l'altro con un'attenzione sempre troppo miope: se hai un problema agli occhi, vai dall'oculista; se hai un problema al ginocchio, vai dall'ortopedico. È la stessa conclusione a cui è giunto il dottore Giuseppe De Pace, che abbandonando la medicina “ufficiale” e testando su se stesso un approccio olistico, è guarito da alcune patologie croniche semplicemente riequilibrando il proprio sistema energetico: «Sono stato operato un anno fa di lobectomia tiroidea per ipertiroidismo (!) e condannato, come d'altronde è la regola, a prendere l'Eutirox a vita. Nonostante seguissi scrupolosamente le indicazioni datemi, continuavo a soffrire di dolori muscolari agli arti e di astenia. Ho deciso di cambiare completamente la mia alimentazione (eliminando la carne e gran parte delle proteine animali, immettendo sostanze essenziali e non raffinate, combinando bene gli alimenti), ho eliminato completamente l'Eutirox e gli altri medicinali, rivolgendomi alle sostanze naturali. Il risultato è stato la scomparsa dei dolori muscolari e la normalizzazione dei valori ematici non solo tiroidei.» Una cosa ci piace sottolinearla sempre: il corpo è una macchina perfetta, e dentro di sé è già programmato per auto-guarirsi. A noi è sufficiente solo metterlo nelle condizioni di farlo. Intossinarlo con farmaci chimici che rischiano di disequilibrarlo ulteriormente non è l'unica soluzione e nemmeno la più economica o efficace.

(FONTE: http://metodorqi.blogspot.it/2013/09/lo-sfogo-di-un-chirurgo-italiano-la.html)

giovedì 20 febbraio 2014

Assenteisti Asl: spesa all'Eurospin o al mercato e per una visita senologica attese di 428 giorni

di Roberta Grassi » 17 febbraio 2014 alle 19:33

La signora delle pulizie che timbrava per tutti

BRINDISI – Se qualcuno dovesse ritenere che il fatto che i dipendenti della Asl di Brindisi finiti a processo per assenteismo andassero in giro a far la spesa dopo aver timbrato sia solo affar loro, si sbaglia di grosso. Se i medici non ci sono, le prestazioni sanitarie non possono essere fornite ai clienti. Le visite insomma non si fanno. E le liste d’attesa crescono. Smisuratamente. “L’assenteismo dei medici e dei dipendenti della Asl di Brindisi ha influito sui tempi d’attesa per le prestazioni sanitarie”. E’ emerso oggi nel corso dell’udienza del processo a carico di 50 imputati, tra medici, infermieri, operatori sanitari e addetti alle pulizie, accusati di truffa ai danni della Asl per aver timbrato il cartellino, anche per i colleghi, per poi uscire dall’ufficio e recarsi a sbrigare faccende private. Tutto ciò nel distretto di via Dalmazia, in cui vi sono ambulatori oltre che uffici. A domanda del pubblico ministero che sostiene l’accusa, Milto Stefano De Nozza, l’unico testimone ascoltato oggi, il maresciallo Marco Senatore del Nucleo Antisofisticazione dei carabinieri di Taranto, ha risposto con dati precisi: “Abbiamo appurato che per via dell’organizzazione del lavoro, che prevedeva che le visite terminassero alle 12.30 di mattina, vi siano state delle conseguenze sulle liste d’attesa – ha spiegato Senatore – in quanto i dipendenti erano agevolati nell’allontanamento arbitrario dagli ambulatori. Del resto era il responsabile del servizio che dettava l’agenda”. E’ stato possibile accertare quindi che per quel che concerne il reparto di Radiologia, il cui responsabile medico ha patteggiato prima del giudizio, le attese per un consulto di senologia erano in media di 426 giorni. In Oculistica, invece, il cui responsabile, Vito Capone, 59 anni, è ancora imputato, si poteva giungere a 190 giorni di attesa per un esame specialistico. I dati sono riferiti agli anni 2009 e 2010, periodo in cui sarebbero stati commessi gli illeciti. Sempre dall’esame compiuto dal pm De Nozza sono emersi oggi altri dettagli sulle abitudini dei medici e degli altri dipendenti Asl: una infermiera, seguita dai carabinieri del Nas, è stata vista recarsi al caseificio e al mercato dopo aver timbrato il badge. Un medico, Teodoro De Castro, avrebbe fatto timbrare il cartellino alla moglie per poi recarsi al discount o molto spesso a casa. Un’altra operatrice avrebbe accompagnato invece la figlia a scuola. Il prolungarsi dei tempi d’attesa – ha spiegato in aula il pubblico ministero – è da ritenersi un danno per la Asl e per lo Stato che caratterizza il reato di truffa contestato agli imputati. E’ proprio sulla base di questo principio, sancito tra l’altro dalla Cassazione, che il giudice monocratico Giuseppe Biondi, ha rigettato l’opposizione di uno dei difensori che sosteneva che l’argomento “liste d’attesa” non fosse inerente al giudizio in questione, ma che si trattasse di altra materia. Non è così: vi è uno stretto nesso di causalità tra il comportamento dei dipendenti Asl in servizio in via Dalmazia o altrove, come si vedrà in seguito in un caso specifico, e il prolungarsi delle attese dei pazienti costretti a fissare appuntamenti a distanza di mesi dalla telefonata al numero verde o al Centro prenotazioni della Asl. Poche ore destinate all’utenza, quindi, secondo l’accusa. Perché bisognava ricavarsi un margine di minuti, talvolta di ore, per farsi gli affari propri. Tornando all’udienza odierna, si è concluso l’esame del maresciallo del Nas, Marco Senatore con l’analisi, punto per punto, di tutte le posizioni a processo (escluse quindi quelle stralciate perché chiuse in fase di indagini preliminari con un’applicazione della pena su richiesta delle parti). Alcune di esse erano state oggetto di approfondimento nelle scorse udienze. Oggi è toccato all’ultimo blocco, una trentina di imputati. Primo della lista Antonio Pantaleo, che è un assistente amministrativo. Con la sua Lancia Y andava e veniva negli orari più disparati. A timbrare per lui spesso e volentieri la donna delle pulizie, Antonella Cavallo, l’unica delle dipendenti della Markas che figura ancora tra gli imputati. Concetta Convertino, l’altra, ha patteggiato. Poi Mario Poli, dirigente medico convenzionato di odontoiatria. L’andirivieni osservato si è concentrato su tre automobili in suo uso, una Mercedes cabrio, una Smart e un Pajero. Per lui timbrava la donna delle pulizie, spesso e volentieri, ma anche la moglie che nulla aveva a che vedere con l’azienda sanitaria e che è alla sbarra come il marito. Quindi Luigi Ruggiero, generoso con gli altri tanto da strisciare il badge per loro, Maria Schina, una infermiera che usciva ed entrava con una Micra, e per la quale sono state rilevate anomalie, poi Luigina Sefani, quindi Antonella Trapani, assistente amministrativo con Lancia Lybra, Loredana Comunale che passava il badge alla macchietta marcatempo per poi andare al caseificio o al mercato di viale Commenda per fare spese. Andando avanti c’è: Lucia Padula, tecnico di radiologia, per cui vi è qualche episodio ritenuto non consono alle norme. Centrale la posizione di Antonella Cavallo, una delle due addette alle pulizie. Una sorta di “timbra-tutto” in vantaggio di colleghi di ogni ordine, mansione e grado. Ripresa dalle telecamere piazzate nei pressi della macchinetta marcatempo, si vede chiaramente che nelle tasche del suo grembiule da lavoro erano riposte decine di cartellini. C’è poi Enrico Ponzio, il medico Alessandro Galiano, l’operatore sociosanitario a tempo determinato Salvatore Palermo, assunto dopo il 2012, protagonista anche lui dello “scambio di favori”. Veniamo a un altro personaggio chiave, per lo meno in riferimento alle contestazioni passate ai raggi x nell’udienza odierna. Sempre su domanda del pm Milto Stefano De Nozza, il maresciallo Senatore ha spiegato che il dirigente medico, privo di ruolo apicale, che prestava servizio all’ospedale Di Summa, in realtà timbrava in via Dalmazia. Perché? Non lo si comprende. La sua abitazione, in via Marco Aurelio, si è detto oggi, è equidistante dai due luoghi. Ad ogni modo entrava in servizio attorno alle 7.30, ogni giorno, per poi allontanarsi per raggiungere lo sportello bancomat del Monte dei Paschi di Siena in via Appia, andare in centro, fermarsi a fare commissioni, andare all’Eurospin con una donna, salire presso la propria abitazione con le buste della spesa, e poi, una volta risolto ogni problema personale, raggiungere il posto di lavoro. De Castro non era inizialmente nell’elenco delle persone destinatarie di una misura cautelare eseguita il 15 novembre del 2010, ma fu arrestato in flagranza e quindi finì nel novero dei 26 dipendenti Asl posti ai domiciliari o raggiunti da altri provvedimenti interdittivi. L’operatrice Tiziana Centonze, del dipartimento handicap della Asl andava ad accompagnare la figlia a scuola, a quanto pare, sistematicamente. Singoli episodi sono riferiti ad Antonio Campa, Michele Campanelli, Gabriella Ribezzi, Maria Damiano, Antonio Rosato, Antonia Saponaro che andava a casa, al giornalaio e poi al distretto. All’endocrinologo Rizzello, a Greco Lucrezia, al fisioterapista Eupremio Cozzoli, alle infermiere Maria D’Amico, Laura Mandurino. Ad Anna De Bonis, a Maria Putignano (la moglie del medico Poli), E infine al dirigente di Radiodiagnostica, Antonio Carmelo Vitali. Le indagini sono state lunghe e articolate, non si sono fermate neanche dinanzi a un ostacolo apparentemente insormontabile: il 13 agosto 2009 qualcuno scopre che negli ambienti del distretto vi sono occhi indiscreti. Da quel momento in poi non si poté più contare sulla tecnologia. Ma gli uomini del Nas andarono comunque avanti con attività investigativa tradizionale. Fino al blitz del novembre 2010, data “limite”, oltre alla quale non vi sono informazioni dettagliate sull’andazzo alla Asl di Brindisi (costituitasi parte civile con l’avvocato Rosario Almiento, insieme alla Regione Puglia). Si sa però che i tempi di attesa sono sempre lumaca. Ora però si fanno le risonanze anche di notte.
(fonte. http://www.brindisireport.it/cronaca/2014/02/17/spesa-alleurospin-e-le-liste-dattesa-si-allungano/)

sabato 18 gennaio 2014

NESSUNA MALFORMAZIONE CONGENITA. C'E' STATA SOFFERENZA FETALE!!!

BRINDISI – Nessuna malformazione congenita, inoltre la gravidanza non andata poi a buon fine sarebbe proseguita fino agli ultimi momenti in maniera regolare: il piccolo venuto al mondo nella tarda serata del 7 gennaio scorso all’ospedale Perrino di Brindisi, dove da settimane alcuni ascensori non funzionano perché ‘sabotati’, stando a quanto denunciato dalla Asl di Brindisi, sarebbe morto in seguito a una “sofferenza fetale”. E’ quanto è emerso dall’autopsia che è stata disposta dalla procura di Brindisi dopo che i genitori del bambino hanno presentato un esposto in procura con cui si chiede di accertare l’eventuale sussistenza di colpa medica e si mette in relazione la tragedia con il blocco agli elevatori: dieci le persone iscritte nel registro degli indagati tra medici, infermieri e personale sanitario. L’esame autoptico è stato eseguito oggi: tre i consulenti incaricati dal pm, Domenico Urso, Pantaleo Greco ed Ermenegildo Colosimo. Non è stato ancora possibile determinare con precisione la causa del decesso. Si dovranno attendere gli esiti degli esami istologici che saranno eseguiti dai consulenti che hanno novanta giorni di tempo per consegnare al pm la relazione sul caso. Stando a quanto riportato nell’esposto dall’avvocato della famiglia, Giovanni Zaccaria, la madre del piccolo, una donna di 34 anni di Carovigno, si era recata in ospedale la sera del 7 gennaio, su consiglio del ginecologo, alla vigilia del parto programmato. Aveva raggiunto il nono piano della struttura con un ascensore, poi i medici avevano deciso di anticipare il cesareo: una volta allestita la sala operatoria, la puerpera in barella era stata condotta in un’altra ala del nosocomio, perché l’ascensore più vicino non era in funzione, e avvolta in alcune coperte era stata fatta passare attraverso un corridoio all’aperto. Alle 23.24 aveva poi dato alla luce il bimbo. Vani i tentativi di rianimazione. Il giorno successivo a quello in cui è stata avviata l’inchiesta, i carabinieri del Nas avevano effettuato un sopralluogo ricostruendo il percorso fatto dalla donna dal reparto di Ginecologia (al nono piano della struttura) alla sala operatoria (al quinto piano). L’attività dei militari, compiuta su delega del pm inquirente si era svolta alla presenza di personale della direzione sanitaria, dell’area tecnica e della guardia giurata che martedì sera aveva scortato la partoriente in barella e i portantini per consentirle di raggiungere il blocco di ascensori funzionanti.Ve n’erano due, infatti, che probabilmente a causa di manomissioni, erano fermi. Sabato mattina intanto saranno celebrati a Carovigno i funerali del bimbo.

fonte: http://www.brindisireport.it/sanita/2014/01/17/il-neonato-era-sano-morto-per-sofferenza-fetale/

giovedì 3 ottobre 2013

Alcune foto scattate nei giorni scorsi

Quasi quotidianamente leggiamo, e pubblico, articoli inerenti la sporcizia al Perrino di Brindisi, le foto pubblicate dai giornali riguardano i terrazzini dei ballatoi (per chi è pratico dell'ospedale quelli adiacenti le scale). I balconcini delle stanze dei pazienti, speravo, presentassero condizioni migliori ... così non è!!! Pubblico di seguito alcune foto scattate su un balconcino di una stanza del reparto di Cardiologia, commentate voi!!!! Quei balconi sono tutti calpestabili dai degenti! Nessuno mai, a memoria di chi in quel momento occupava la stanza, alcuni da oltre quindici giorni, ha pulito tale scempio!!!







Nulla cambia al Perrino ... sporcizia, colombi morti e guano!!!